Un articolo per ricordare Marina Spaccini, pediatra a lungo impegnata nella protezione, promozione e sostegno dell’allattamento al seno. [da “Quaderni ACP 2012; 19 (2)”]
Marina Spaccini se n’è andata ed è difficile e doloroso scrivere qualcosa su di lei. Amica, collega, compagna e sorella. La persona che tutti chiamavamo quando ci trovavamo in difficoltà. Marina aveva una fede profonda e una religiosità che la portava ad essere più vicina al cristianesimo di base e alla teologia della liberazione che alla religione rappresentata dalle alte gerarchie ecclesiastiche. Stava sempre dalla parte delle persone rese vulnerabili dal nostro ingiusto sistema economico e aveva ben compreso, lavorando come pediatra a Trieste e in vari paesi dell’Africa subsahariana, il peso che i determinanti sociali avevano sulla salute dei suoi pazienti. Per questo ha lottato instancabilmente per la giustizia sociale, ha aderito ai movimenti per la pace, il disarmo e l’obiezione di coscienza contro le spese militari, ha partecipato a gruppi di lotta e di sostegno per i diritti degli immigranti, ha protetto, promosso e sostenuto l’allattamento al seno, ha appoggiato le iniziative a favore dei diritti civili delle prostitute, e ha preso parte al movimento No Global. Era una partecipazione discreta, la sua; non era un’agitatrice, non predicava da un palco. Metteva in pratica quello che pensava, era coerente con le sue idee. Tutti la ricordiamo mentre partecipava alle manifestazioni contro il G8 a Genova nel 2001, pestata dalle cosiddette forze dell’ordine mentre portava la bandiera della pace con le braccia in alto. Marina non se ne restava tranquilla a casa; Marina partecipava.
Come pediatra aveva la rara capacità di stabilire una forte comunicazione affettiva con i suoi pazienti e le loro famiglie; ascoltava le mamme e i bambini, non guardava l’orologio, le sue visite duravano a lungo e restava in ambulatorio fino a tarda ora; se era necessario non esitava a recarsi a casa dei pazienti. Sembrava non essere mai stanca. Praticava un tipo di pediatria basata non solo sulle prove di efficacia, ma anche sulla “pietas”, sulla compassione, sull’empatia, sulla relazione emotiva. Qualità rara, di questi tempi.
Giorgio, suo marito, le sue figlie Francesca, Ingrid e Maura, i suoi figli Thomas, Lorenzo e Guido, e i suoi nipoti Teresa, Matilde e Mattia, sanno che Marina appartiene, oltre a loro, anche a tutti coloro, noi compresi, che sono stati da lei accompagnati e consolati, a coloro che hanno avuto la fortuna di starle a fianco nelle sue lotte e di condividere il suo altruismo. A tutta la sua famiglia vanno il nostro affetto e il conforto di sapere che la vita della loro sposa, madre e nonna non è stata infruttuosa.
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