Riceviamo con una certa frequenza dalle mamme che accedono al nostro sito domande di questo tipo: “Sto allattando il mio bimbo che ormai ha compiuto 6 mesi (o un anno) e ho iniziato a vagare sulla rete per raccogliere informazioni per scegliere il latte di proseguimento (o di crescita) da dargli. Ho letto un po’ di articoli, ma più indago e più aumentano i dubbi. Non so cosa fare. I tipi di latte in commercio sono lodati oppure banditi, ma non posso allattarlo a vita. Devo quindi evitare il latte in polvere in commercio? Gli do quello vaccino normale? Su un libro che ho comprato consigliano di alleggerire il latte vaccino allungandolo con acqua. Che ne pensate? Non ho ben capito la vostra posizione.”
Eccola.
Il latte che un bambino dovrebbe prendere come norma fisiologica è quello materno, che l’OMS e il Ministero della Salute raccomandano di continuare fino a 2 anni ed oltre.
Noi aggiungiamo: fino a quando mamma e bambino lo desiderano.
Nei primi 6 mesi (circa, perché ogni bambino è diverso e alcuni, pochi, possono essere pronti per altri alimenti prima dei 6 mesi, altri, di più, lo possono essere dopo) il latte materno fornisce al bambino tutto ciò di cui ha bisogno per crescere sano.
Nei secondi 6 mesi (sempre circa) il latte materno soddisfa circa il 70% dei fabbisogni calorici del bambino. Questo 70% è una media tra il 90% iniziale, quando il bambino introduce i primi alimenti diversi dal latte, e il 50% finale, quando a 12 mesi mangia di più.
Nel secondo anno di età il latte materno fornisce ancora il 30% dell’energia di cui il bambino ha bisogno. Anche questa è una media, tra il 50% iniziale e il 10% finale quando, a 2 anni, il bambino mangia già di tutto.
Se il bambino non è allattato, sarà il latte artificiale a prendere il posto di quello materno nel primo anno di vita, con le stesse modalità. Solo latte artificiale nei primi 6 mesi (circa), latte artificiale per coprire circa il 70% dei fabbisogni calorici del bambino tra i 6 e i 12 mesi.
Quale latte artificiale?
Dal punto di vista funzionale, cioè per la crescita e la salute, tutti i latti artificiali sono uguali.
Non esiste nessuna dimostrazione scientifica che una marca sia meglio di un’altra in termini di risultati di salute e nutrizione. Del resto, se differenze vi fossero, i governi interverrebbero immediatamente per bandire dal mercato i latti artificiali peggiori, perché sarebbe immorale vendere un prodotto che non garantisce gli stessi benefici di un altro, danneggiando così la salute di molti bambini.
Le presunte differenze tra un latte artificiale e un altro rispondono solo a questioni di marketing, di pubblicità.
Anche dal punto di vista della qualità non vi sono differenze sostanziali. Tutti i latti artificiali, infatti, devono avere una composizione regolata in modo molto rigoroso dalla legge italiana, che a sua volta deriva da una direttiva europea, che a sua volta deriva da un regolamento internazionale. Le differenze di composizione tra un prodotto e un altro ci sono, ma sono talmente piccole da non avere alcun effetto sui risultati di salute e nutrizione.
Non vi sono grandi differenze nemmeno tra i cosiddetti latti artificiali 1 (quelli iniziali, raccomandati nei primi 6 mesi) e 2 (quelli di proseguimento, raccomandati tra i 6 e i 12 mesi). Tant’è che molti ricercatori e pediatri affermano che non è necessario cambiare latte artificiale al passaggio dei 6 mesi. È molto probabile che i latti artificiali 2, di proseguimento, siano più un’invenzione che risponde a strategie di marketing piuttosto che a reali bisogni nutritivi.
C’è una differenza nel prezzo: nella maggior parte delle marche, il latte di tipo 2 costa di meno rispetto al latte di tipo 1. In rari casi, le due formule (1 e 2) hanno lo stesso prezzo.
E dopo i 12 mesi?
Fermo restando che se il bambino prende latte materno non c’è bisogno di altro latte, chi si sarebbe mai fatto questa domanda qualche anno fa, quando non esistevano i cosiddetti latti di crescita. È evidente che si tratta di una domanda indotta dal mercato, non da reali necessità. Dopo i 12 mesi, infatti, la dieta del bambino, per la quota eccedente le calorie fornite dal latte (preferibilmente materno), è quella familiare. Da notare che questo vale anche per l’alimentazione nel secondo semestre di vita: gli alimenti che complementano il latte materno dovrebbero essere infatti quelli che mette normalmente in tavola la famiglia, facendo ovviamente attenzione ad avere una dieta familiare sana.
Come in qualsiasi dieta familiare, il latte non è essenziale: si possono assumere tutti i nutrienti necessari senza il latte. Come tutti sanno, esistono al mondo popolazioni intere che crescono e si sviluppano bene senza latte, in quelle regioni dove, per ragioni storiche, geografiche e climatiche non esistono grandi mammiferi allevati per produrre latte.
Se nella dieta familiare c’è il latte, di mucca o di altro mammifero, questo va bene anche per il bambino (non allattato). In Italia, questa è quasi la norma; sono rare le famiglie in cui non si consuma latte. Ma il latte dev’essere intero e dato tale e quale, non diluito con acqua. Il bambino ha infatti bisogno di ingerire molti grassi, essenziali per la crescita e lo sviluppo del suo cervello. Solo dopo i 3 anni, se i genitori lo ritengono giusto, si potrà passare al latte scremato.
I cosiddetti latti di crescita (un nome inventato dalla pubblicità, ma fuorviante; tutti i bambini crescono, sia prima dei 12 mesi sia dopo i 3 anni) non sono latti; sono delle formule con decine di ingredienti, fatto che dovrebbe già indurre alla prudenza. Inoltre, non hanno nessuna dimostrata utilità e non hanno niente più del vero latte, salvo il prezzo. Anzi, alcuni ricercatori sostengono che potrebbero avere ingredienti di qualità inferiore rispetto al vero latte, oltre ad essere zuccherati e ad abituare il bambino a preferire i dolci. Se comunque, inebetiti dalla pubblicità, i genitori decidono di usare questi prodotti, sappiano che, come per gli altri latti artificiali, non esistono sostanziali differenze tra una marca e l’altra.
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